EMILY BRONTË
Corrono i mesi, gli anni fuggono via,
E canti mesti effuse l’arpa mia;
Ora note serene l’allietano
E su corde graziose la deliziano.
Che dir se il molle raggio della luna
Esala nel mattino che si sfuma?
Simbolo puro è di notte librante
E questa è giorno mio, anima errante.
Emily Jane Brontë
Figlia di un irlandese, pastore anglicano, emigrato in Inghilterra, Emily nacque nel 1828. Poco più che adolescente commentò con la sorella maggiore Charlotte: – Che straordinaria ricchezza è saper fantasticare!-
Ma non si trattava di semplici sogni di signorinetta colta: Emily era invece una viaggiatrice silenziosa e notturna; amava Dio; amava gli animali, specialmente i più placidi e inoffensivi, quelli che tracciano sentieri vitali accanto a quelli della gente. Era religiosa, con l’intima e naturale esigenza di un misticismo che arrivava a far prevalere la mente sul corpo, con la difficile ma presente percezione che la morte fosse l’agognato abbattimento dell’ostacolo che la separava da una piena convivenza con le proprie facoltà intellettive e fantastiche. E, dunque, affrancata dal fastidio di trovarsi avvinta dalle catene del proprio corpo femminile.
Ella rifuggì in ogni possibile modo le persone rumorose, esageratamente operative e loquaci. Per lei il male era non sapersi liberare dalla soggezione alla cosiddetta realtà. Paga dei suoi rifugi notturni in cui amava dileguarsi, considerava il giorno luminoso in cupo smarrimento. Morì a trent’anni, immersa in una pace che sento di manifestare non umana.
Ogni traduzione delle poesie di Emily rappresenta un rischio che, tuttavia, di tanto in tanto, è opportuno correre, sia pure con batticuore, nella speranza di recuperare qualche alito di quella sua vita breve e spiritualmente intensissima.
Romano